L’alternativa alla Libertà di Credito
Di Eric F. Originale: In Lieu of Free Banking, 23 maggio 2023. Traduzione di Enrico Sanna.
In ambito libertario di anarchico di mercato, il concetto di libertà di credito ha sempre rappresentato un ideale importante per una società libera e genuinamente competitiva. Serve un sistema monetario in cui le banche, oltre a detenere valuta comune, possano emettere una loro valuta o loro banconote senza la necessità di un ministero del tesoro. In questo modo l’offerta di moneta sarebbe determinata interamente dalla domanda e dalla volontà delle istituzioni di emetterla; con differenze in termini di affidabilità, tasso d’interesse e condizioni in quanto fattori della concorrenza. La libertà di credito nasce nell’Ottocento, quando paesi come gli Stati Uniti e la Scozia non avevano una forte banca centrale come oggi. Mentre il sistema negli Stati Uniti, pur decentrato, era statuale, quello scozzese era perlopiù un mercato aperto in cui una serie di banche non regolate dipendevano da tre grosse banche regolate, un sistema che col tempo ebbe successo e si dimostrò stabilissimo. Un più esplicito sostegno ideologico alla libertà di credito lo troviamo negli Stati Uniti tra la metà dell’Ottocento e i primi anni del Novecento. Benjamin Tucker pone il monopolio della concessione del credito tra i “quattro più importanti” monopoli dello stato capitalista. Pierre Proudhon, traendo spunto da Josiah Warren, sostiene che…
se l’emissione del credito fosse aperta a tutti, sempre più persone diventerebbero creditori, finché la concorrenza non ridurrebbe gli interessi al puro costo, che statisticamente non arriva allo 0,75%. Scomparirebbero le difficoltà per quelle migliaia di persone che oggi non entrano negli affari per paura del costo elevato dei capitali iniziale e di esercizio.
Similmente, Lysander Spooner immagina:
In condizioni di perfetta libertà di credito, potrebbe essere usata come capitale bancario pressoché tutta la ricchezza materiale del paese.In questo modo si avrebbe così tanta valuta… da eliminare la scarsità per sempre. E la concorrenza nell’offerta, ovviamente, sarebbe così forte da mantenere i tassi a livelli minimi.
Altri, come Friedrich Hayek nel suo The Denationalization of Money del 1976, arrivano a sostenere che la libertà di credito non solo rende i servizi finanziari più innovativi e flessibili, ma anche che amplia il commercio internazionale e riduce la necessità di un intervento statale nell’economia.
Hayek però manca di alcuni degli elementi più radicalmente anticapitalisti, che ritroviamo invece nei primi individualisti, soprattutto il fatto che la libertà di credito aiuterebbe la transizione verso il credito mutuo e cambierebbe l’equilibrio del potere di classe all’interno del mercato. Si arriverebbe così un sistema bancario che poggia sul credito mutuo e non sul credito ad interesse: i soci di una banca mutua mettono in comune le proprie risorse per erogarsi reciprocamente credito sulla base della fiducia e della solvibilità. Come spiega Kevin Carson: “In un mercato bancario veramente libero, qualunque gruppo di persone potrebbe liberamente mettere su una banca di credito cooperativo ed emettere banconote di denaro mutuo usando qualsiasi cosa come collaterale, con la clausola che accettando il prestito si diventa di fatto soci.” “In questo modo le proprietà della classe lavoratrice, svincolate, diventano capitale disponibile,” aggiunge Carson, “ i produttori possono organizzare liberamente il proprio credito senza impedimenti e in modo più flessibile, e le risorse crescono enormemente.” Questa “[a]bbondanza di credito a basso costo cambierebbe profondamente gli equilibri di potere tra capitale e lavoro, al punto che la forma dominante di attività economica passerebbe dalla rendita del capitale alla rendita del lavoro.” Andando oltre, Gary Elkin arriva a dire che…
la proposta di Tucker di aumentare il potere contrattuale del lavoratore garantendogli l’accesso al credito mutuo pone il suo [di Tucker] anarchismo individualistico in sintonia con il potere del lavoratore promuovendolo di fatto. Perché se l’accesso al credito mutuo davvero porta il potere contrattuale dei lavoratori ai livelli indicati da Tucker, i lavoratori (1) possono far valere la propria richiesta di democrazia sul posto di lavoro e (2) possono mettere in comune il proprio credito e diventare proprietario collettivo di attività economiche. In quest’ultimo caso si eliminerebbe la struttura verticistica delle aziende e la possibilità dei padroni di darsi un salario ingiustamente spropositato.
Purtroppo noi oggi negli Stati Uniti (e in gran parte del mondo) non abbiamo libertà di credito, e, date le normative stringenti, abbiamo poche possibilità di mettere su un significativo sistema di credito mutuo. Va bene quindi sostenere un sistema finanziario più aperto, ma dobbiamo anche servirci di ciò che nella realtà attuale più si avvicina alla libertà di credito.
E un buon punto di partenza sono le cooperative di credito, che offrono servizi no profit ai soci-proprietari. I servizi finanziari offerti sono quelli delle banche tradizionali: conti correnti e di risparmio, carte di debito, carte di credito e prestiti. La differenza rispetto alle banche tradizionali è che i “profitti” derivanti dai servizi sono resi ai soci attraverso i dividendi o un taglio delle tariffe e degli interessi. Molte cooperative di credito impongono requisiti per l’affiliazione: la residenza in zona, una particolare attività lavorativa o la partecipazione ad un’altra attività di tipo comunitario. Chi soddisfa i requisiti e diventa socio oltre ad accedere ai servizi bancari standard può anche intervenire sulla gestione e le deliberazioni. Grazie a questi fattori comunitari e cooperativi, le cooperative di credito spesso ampliano l’offerta: dai vantaggi per i soci allo sviluppo e l’impegno sociale dell’intera comunità. Inoltre, pur essendo le cooperative regolate rigidamente dallo stato capitalista, e in particolare dal monopolio della moneta, ci sono particolari possibilità, di cui a volte si servono, che ne fanno un’alternativa immediata alla libertà di credito.
Di fatto, già ora le cooperative di credito si servono del credito mutuo per alcuni dei loro servizi. C’è chi offre il risparmio condiviso e un programma di prestiti con cui i soci possono erogare credito reciproco senza le solite restrizioni degli enti prestatori. Altri hanno fondi per lo sviluppo comunitario e/o fondi per il prestito rinnovabile da concedere ad attività locali che non hanno precedenti creditizi o che non possono accedere a istituti tradizionali. Come la Vancouver City Savings Credit Union (Vancity) e la Self-Help Credit Union (attiva tra le due Caroline e la Florida). Quest’ultima ha un piano di successo condiviso che permette ai soci di ottenere un prestito finalizzato ad un progetto comunitario o altre opere collettive. Oltre a ciò, ci sono programmi basati sul credito mutuo come gli Share Secured Loans, con cui i soci possono utilizzare come collaterale i loro risparmi congiunti. La Alternative Credit Union di Ithaca, nello stato di New York, oltre ad offrire Share Secured Loans è collegata a sistemi valutari come la banca del tempo. Una banca del tempo, come la Ithaca HOURS, offre ai soci la possibilità di scambiarsi servizi quantificati sulla base del tempo di lavoro. La Alternatives Credit Union, spiega l’antropologo Bill Maurer in Mutual Life, Limited, accetta depositi in HOURS utilizzabili anche per “pagare quote associative, erogare prestiti, emettere assegni e pagare commissioni di trasferimento automatiche, oltre a finanziare pacchetti di ‘investimenti socialmente utili’.” Oltre ad espandere i loro servizi di credito mutuo, le cooperative di credito potrebbero prendere esempio dal programma Ithaca HOURS e aggiungere la banca del tempo ai loro servizi tradizionali, così che i soci possano accedere ad una vasta gamma di servizi finanziari e allo stesso tempo incentivare lo sviluppo locale e l’aiuto reciproco.
Come sempre, però, il contesto è la cosa più importante. Un vero credito mutuo richiede un mercato bancario e valutario non regolamentato, mentre l’attuale credito cooperativo è regolamentato come le banche tradizionali o quasi; si tratta dello stesso controllo monopolistico che ha generato l’attuale situazione creditizia, dunque non è detto che la libertà di credito sia quella panacea che appariva agli anarchici individualisti ottocenteschi. Laurance Labadie, “erede di Warren, Spooner e Tucker” secondo Herbert C. Roseman, racconta come con invecchiando Tucker si convinse sempre più che la proprietà e la ricchezza “erano arrivati a livelli tali di concentrazione che, se anche fosse stata realizzata, la libertà di credito da sola non sarebbe bastata a spezzare il potere monopolistico del capitale.” Lo stesso Labadie nell’ultimo decennio di vita arrivò alle stesse conclusioni, contribuendo così al forte pessimismo che oggi circonda gli anarchici di mercato. E allora, “quale alternativa alla libertà di credito?” Una risposta potrebbe essere ripensare l’obiettivo della socializzazione dell’accesso al capitale con un controllo più stretto dei mezzi di produzione. Tucker scrive che “Proudhon e Warren non riuscirono mai ad accettare la socializzazione del capitale. Credevano però nella socializzazione dei suoi effetti: il capitale poteva dare benefici a tutti invece di arricchire pochi a scapito di tanti.” Ma forse è meglio cominciare a pensare più come gli anarco-sindacalisti e gli autonomisti[1]: non solo anarchici di mercato ma anarchici di mercato sensibili alla lotta di classe (come Dyer Lum e Joseph Labadie nell’Ottocento o Carson e Logan Glitterbomb oggi), anarchici che propongono forme di resistenza quotidiana, immediata, che diano più potere ai lavoratori (nel senso più ampio del termine: casalinghe, studenti, l’“esercito di riserva” costituito da disoccupati e sottoccupati e così via) negli spazi produttivi al fine di rendere economicamente autonome le comunità e generare un doppio potere contro l’economia dominante dello stato capitalista.[2] Bisogna cercare di estremizzare il credito cooperativo, ma dobbiamo anche sviluppare forme cooperative, radicalizzare il potere sindacale e il potere in generale del lavoratore. Dobbiamo cercare di istituire “libere associazioni di produttori” che pratichino lo scambio tra loro senza interventi centrali ricorrendo anche alla contro-economia, come l’agorà di Samuel Edward Konkin III, che è uno spazio di scambio nonviolento al riparo dalla violenza di stato. Insomma, creare le condizioni adatte alla nascita di una banca del popolo (secondo l’ideale proudhoniano) basata sul credito mutuo.[3]
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Note
1. Una panoramica di queste tendenze si trova nell’introduzione che Immanuel Ness ha scritto per l’antologia New Forms of Worker Organization: The Syndicalist and Autonomist Restoration of Class Struggle Unionism.
2. In “Toward a Cooperative Agorism,” faccio una breve difesa dei lavoratori che reclamano gli spazi produttivi, mentre per quanto riguarda anarchici di mercato e libertari rimando a “Confiscation and the Homestead Principle.” di Murray Rothbard.
3. Simile alle bakuniniane imprese a proprietà collettiva, le federazioni regionali e le “banche di scambio” (vedi James Guillaume, Ideas on Social Organization), di cui non approvo la pianificazione economica, anche se decentrata, a favore di un’economia di mercato fatta di cooperative, proprietà usufruttuaria e libertà (economica) individuale.